La seduta di counseling non è altro che un dialogo (e non un colloquio altrimenti si sfocerebbe nella psicoterapia). Il dialogo avviene tra counselor e cliente (e non paziente) in quanto il cliente che si rivolge al counselor non è malato (altrimenti si rivolgerebbe a uno psicoterapeuta). La persona che ha disagi psicologici o psicopatologie viene indirizzata dal counselor a uno psicoterapeuta o a uno psichiatra.

Solitamente le sedute di counseling prevedono un percorso breve (una seduta a settimana per un massimo di 10-12 sedute). Questo serve ad evitare la dipendenza dal counselor o dalle sedute stesse. In un ciclo di sedute viene trattata una sola criticità che potrebbe essere esistenziale, pratica o relazionale.

Il counselor abbraccia molti ambiti in quanto la relazione è tutto, a partire dalla relazione con se stessi, con gli altri (genitori, figli, parenti, mariti, mogli, compagni di vita, amanti, amici, colleghi, datori di lavoro, soci ecc.) fino ad arrivare alla relazione con il trascendente (Dio) e con la propria spiritualità.
Al cliente vengono mostrati degli strumenti anche pratici per risolvere la criticità del momento, tenendo conto della volontà del cliente stesso e dei suoi obiettivi personali. Il counselor accompagna il cliente a scoprire le sue risorse personali, lo aiuta a farle emergere e a tradurle in pratica al fine della risoluzione della criticità. Il tutto in un clima di empatia, rispetto e di non giudizio.

Esempi di criticità da portare a un counselor sono:

  1. Difficoltà nella relazione di coppia (tradimenti agiti e subiti, insoddisfazioni, problemi di comunicazione)
  2. Difficoltà a elaborare un lutto (che sia di una persona o una perdita di lavoro, di danaro, o altro)
  3. Difficoltà nella relazione (in famiglia, al lavoro, nelle amicizie, in gruppo ecc.)
  4. Difficoltà esistenziali (chi sono? cosa voglio? dove voglio stare?)
  5. Difficoltà a riconoscere il proprio senso nella vita.