Oggi è accaduto qualcosa di speciale. Mentre stavo facendo una colazione abbondante e succulenta con due amiche de “Il Potere del Gruppo”, Emanuela e Michela, odo un canto gospel provenire da uno stabile affianco alla pasticceria in cui ci trovavamo. Tornando alla macchina sbirciamo dentro il cortile dello stabile e vediamo un folto gruppo di bimbe e bimbi di colore seduti su delle seggioline, e tra loro una ragazza intenta ad accudirli. Dall’interno dell’edificio provenivano i canti. Chiediamo a un uomo se possiamo entrare ad ascoltare. Acconsente, ci accoglie con entusiasmo e ci accompagna a sederci. La prima frase che compare nella mia mente, quasi a volermi ricordare di ciò che in questo periodo si è un po’ offuscato in me, è che “la vita è bella!

Emanuela e Michela si commuovono istantaneamente non solo per il canto, ma anche per ciò che vedono. Uomini, donne, giovani, bambini di colore che pregano cantando, in maniera rapita, ispirata, muovendosi con grazia infinita. Diverse le età, molteplici i colori degli abiti tipici africani. Mi chiedo quale sia la loro provenienza, ma non lo comprendo. Il locale è spoglio, solo un palco con qualche musicista (il batterista è un bimbo molto capace di circa una decina d’anni) e diversi cantanti, di fronte a loro file di sedie, e tanta voglia di stare insieme, pregare, cantare, ballare in una sorta di rapimento estatico.

Io non mi commuovo, la mia mente razionale si sta chiedendo una serie di perché, ai quali non so dare risposta. Sarà una messa? Qualche rito protestante? Quale il paese di origine? Quale la lingua utilizzata? Qualche canzone è in italiano, ma la maggior parte è in una lingua che non distinguo. Emanuela fotografa e videoregistra, poi si alza e prende in braccio un bimbo meraviglioso di colore che ha le guance paffute che ricordano il mitico Arnold dei telefilm americani, con il suo indimenticabile “Che cavolo stai dicendo, Willis?”. Decidiamo di uscire e siamo tutte e tre curiose di saperne di più: Chi sono? Cosa fanno in uno spoglio capannone nel triste quartiere industriale di Trezzano sul Naviglio? Chiediamo al ragazzo che ci ha fatto gentilmente accomodare. Si chiama Gloria, e subito chiarisce che in Congo Gloria è un nome maschile. Gloria e Piero, entrambi congolesi, rispondono con entusiasmo alle nostre domande. Lo stabile funge da luogo di culto protestante, una sorta di chiesa evangelica per essere precisi. I credenti provengono da diversi paesi del continente africano, tutti uniti da una stessa fede. Quella a cui abbiamo assistito è una messa cantata. Le canzoni sono cantate in una lingua, di cui non ricordo il nome, che viene parlata in Africa da tutti i missionari nonché uomini di fede. I fedeli s’incontrano tre volte alla settimana: due sere dopo il lavoro e la domenica mattina. Abitano nell’hinterland milanese: Piero ad esempio vive a Saronno. Hanno deciso di unirsi in questa comunità per proseguire insieme la loro crescita spirituale. A volte organizzano anche delle feste all’interno del giardino dello stabile.

Mi chiedo perché questa esperienza mi abbia colpito particolarmente, e mi rispondo soffermandomi sull’estasi sincera, sul raccoglimento e sulla concentrazione da parte loro durante i canti, così diversi da ciò che si vive nelle nostre chiese cattoliche. I loro visi, le loro espressioni, i movimenti dei loro corpi: era come se fossero stati tanti e allo stesso tempo UNO, all’interno di quel luogo di preghiera, un’unica entità riunita per realizzare il sogno di Dio: l’Amore nell’unione, l’Amore nell’unità di corpi e anime. Questo mi ha portato ad esclamare tra me e me: “La vita è bella”.

Concludo affermando un mio umile pensiero:

Quando l’essere umano riesce con le sue semplici azioni a ringraziare la Vita, realizza il sogno di Dio: l’Amore.