“Qualunque cosa distrugga la libertà non è amore, deve trattarsi di altro, perché amore e libertà vanno a braccetto, sono due ali dello stesso gabbiano”
(Osho)

Metafora del porto d’attracco che è il filo conduttore di tutta la conferenza.

Abbiamo bisogno di un porto d’attracco vale a dire rifugi, regole, valori che ci infondono sicurezza. E’ là che sistemiamo la nostra imbarcazione. Ogni imbarcazione prima o poi ha bisogno di un porto così come ha bisogno di partire per mare. Grazie alla fiducia che abbiamo in noi leveremo l’ancora per affrontare l’alto mare (l’ignoto, il vuoto) indipendentemente che ci sia bel tempo o tempesta. Alcuni usciranno in mare solo se accompagnati da un bravo timoniere, dovrà essere un tempo bellissimo e non ci si allontanerà che di qualche miglio, senza perdere di vista la costa. Altri resteranno in porto e non si muoveranno mai, troppo angosciati dall’idea del rischio. Altri ancora cercheranno il piacere estremo che sta nel misurarsi con la natura e in porto ci staranno il meno possibile. Ogni individuo ha diritto di scegliere le dinamiche che sono più adatte a lui e di usare la barca come meglio crede. Tuttavia non uscire mai dal porto significa diventare dipendenti dal porto, mentre restare sempre in mare aperto porta necessariamente alla morte. Fintanto che non si soffre non c’è alcun problema, ma in entrambi i casi non si vive autonomamente perché si finisce per vivere solo grazie al legame che si è creato con l’oggetto da cui si dipende. Ogni essere umano è in grado di allontanarsi dal proprio porto e di partire a esplorare il mondo con la consapevolezza di poter sempre tornare, per scelta e non per costrizione.