Il II° weekend del sorriso evolutivo è stato partorito con successo a Pometo, frazione di Ruino, nell’alta collina dell’Oltrepò Pavese. Un agriturismo con grande cucina annessa a un vasto salone, utilizzato per colazione, pranzo e cena, ma anche e soprattutto per lavorare; mini-appartamenti sparsi un po’ ovunque; un ampio giardino che si affaccia su delle romantiche colline.

Il sole di uno splendido weekend autunnale ci stava attendendo. Partenza ore 8:00 da casa della maestra. Ore 10:00 sosta a Santa Maria della Versa per dare inizio alle danze goderecce di cibo che ci hanno accompagnato per tutto il weekend. Nella pasticceria del delizioso paese ci stava attendendo il gentile e generoso Franco che ha offerto a tutte noi un dolce a scelta tra le sue fantastiche leccornie. Poi sosta al bar di fronte per cappuccini, caffè e the. Ripartiamo per Pometo. Fino a lì tutto ok, poi abbiamo faticato non poco girando attorno all’agriturismo, senza vederlo, andando su e giù dal minuscolo paesino, uscendo dallo stesso e ritornandovi poco dopo, riallontanandoci un’altra volta, per poi ripensarci e tornare indietro di nuovo. Un delirio, eravamo sudate. Siamo riuscite a perderci in una minuscola frazione pullulata, si fa per dire, di una manciata di invisibili anime. Finalmente arriviamo, scegliamo ed occupiamo le stanze, appoggiamo le valigie, riempiamo la cucina con tutti i “piatti” magicamente preparati da wonder woman durante la notte (e non è una fandonia, tutt’altro!).

A questo punto la maestra non perde tempo: subito al lavoro! Un’oretta di teoria ed ecco arrivare la nostra Presidente che, nonostante viaggiasse sola e senza navigatore, è sopraggiunta diretta, serafica e senza sforzo all’agriturismo, impiegandoci metà del nostro tempo. Continuiamo con una meditazione e poi tutte a pranzo. Si decide di mangiare fuori e ci mettiamo tutte al lavoro. C’è chi apparecchia, chi scalda le gustosissime vivande e qualche furbetta che chiacchiera con nonchalance mentre sbocconcella qua e là. Dopo aver divorato tutto avidamente sotto un sole particolarmente delizioso e circondate da un’aria fresca e profumata, con un rigoglioso albero di cachi che faceva da cornice al nostro bel quadretto, beviamo un bel caffè e sparecchiamo. Qualcuna di noi si sdraia al sole e qualcun’altra chiacchiera amabilmente ed è già ora di tornare al lavoro.

“Forza pigrone!” incalza la maestra. C’è molto da fare. Di nuovo in salone e cominciano gli esercizi al fine di potenziare la creatività dei partecipanti. La maestra non perde tempo per elargire punteggi a chi fa interventi “intelligenti”, a chi risponde alle domande nella maniera più consona, il tutto in un clima di allegria alternata a serietà, secondo i momenti. L’esercizio è lunghissimo e ognuno è in grado di intervenire dapprima con la mente, la fantasia e le mani, in seguito con interventi, riflessioni, ragionamenti con lo scopo di andare a scoprire e a far luce sull’interiorità dei partecipanti. Terminiamo stanche. Una doccia e un cambio abiti e conosciamo Leòn, responsabile della location, che ci indica la strada per raggiungere l’agriturismo Boccapane, dove consumeremo la cena. Ad attenderci qui c’è Andrea: con una simpatica panciona non solo ha cucinato per noi il nettare degli dei, ma ci ha fatto ammazzare dalle risate tutta sera! Con il ventre bello gonfio, complice un Bonarda locale, torniamo di nuovo all’agriturismo per andare a letto, dopo aver contemplato un cielo terso e stellato dominato da una luminosa faccia di luna piena.

Il giorno dopo sveglia alle 8:00, colazione 8:30 e ripresa dei lavori 9:00. La maestra non transige! Nuovi esercizi, nuovi punti acquisiti, nuove riflessioni e risate. Ma il momento clou è stato raggiunto nel pomeriggio durante un esercizio che simboleggiava il mettersi nei panni degli altri. Ognuna delle partecipanti aveva portato una sciarpa o comunque un pezzo di stoffa di sua appartenenza. Dopo aver scritto su un foglio un’esperienza importante della propria vita, la si arrotolava a mo’ di pergamena e la si chiudeva con un nastro. Dopo di che si sceglieva una stoffa, palpeggiandola, annusandone il profumo, ascoltandone il fruscio e si poneva la pergamena all’interno della stessa. Infine ognuno, a turno, condivideva il racconto dell’esperienza, come era stata vissuta, emozioni comprese. È stato un momento toccante in quanto i vissuti di ognuno erano intrisi alcuni di gioia, molti di dolore: riflessioni sul perché e il percome, presa di coscienza dell’importanza e talvolta della necessità di quello specifico evento. Non sono mancate commozione e lacrime di fronte alla fragilità nonché imperfezione umana, al dolore per un lutto, una grave malattia, un insuccesso, una delusione, una perdita.

Eccoci al finale: durante i ringraziamenti generali di tutti verso tutti, ho dichiarato ad alta voce che ancora una volta ho compreso il perché della scelta della mia professione. Il motivo è semplice: più che un lavoro è un’autentica passione che riesce a dare un profondo senso alla mia vita.

Gruppo di amiche, che avete deciso di condividere con me un’esperienza a dir poco unica, sappiate che ancora una volta siete state il mio Senso.
Per questo vi ringrazio.