Stamane sono uscita a fare colazione con amiche. Al di fuori del locale, dove avremmo consumato, vagava senza meta un uomo che sicuramente non era in sé. Il suo aspetto era poco invitante, nonostante il suo sorriso innocente, innocuo e stolto. Aveva naso e bocca ricoperto da muco e cercava di comunicare, a modo suo, con parole forse insensate, con gente che andava e veniva ignara di lui, o peggio ancora “schifata” e disgustata da lui.
Inizialmente ero fuori dal bar con la mia cagnolina Cuore, lo saluto col migliore sorriso che io possa esprimere e dentro provo pietà mista a una sgradevole emozione, consapevole che il suo aspetto non permetteva certo un avvicinamento alla sua Persona (1). Di lì a poco egli si avvicina a un altro giovane uomo, che paradossalmente poco prima si era mostrato sensibile al fatto che un cane maschio aveva cercato di mordere la mia Cuore, e gli chiede una sigaretta. La reazione di quest’uomo è stata davvero disumana e ignobile e mi ha lasciata completamente attonita, incapace di muovermi o di difendere questo pover’uomo. Lo ha insultato pesantemente, bestemmiando, con una rabbia, una grinta e un’aggressività inaudite, mentre si allontanava.
Mentre facevo colazione all’interno del bar, vedevo questo miserabile (nell’accezione migliore del termine) che vagava facendo segni, cercando di rivolgersi alle persone attorno a sé, gesticolando anche verso di me che mi trovavo seduta al caldo all’interno del bar, con una tazza di the fumante e un dolcetto pronto per essere gustato. Il dolcetto l’ho mangiato, presagendo che mi sarebbe rimasto sullo stomaco, e così è stato, mentre prestavo poca attenzione al chiacchierare delle mie amiche. Un dipendente del bar è uscito diverse volte per allontanare quell’uomo, che a un certo punto ha tentato anche di entrare ed è stato prontamente accompagnato all’uscita.
Mentre assistevo ai vari episodi, ho incominciato a giudicare. Ho giudicato l’uomo che l’ha aggredito verbalmente; ho giudicato il barista che non ha fatto altro che allontanarlo tra l’altro con cattive maniere; ho giudicato la gente che lo ha bellamente ignorato ed evitato (me compresa).
E ora sono qui seduta al pc che scrivo di questa raccapricciante emozione, e giudico me, per non essere stata in grado di difenderlo o di aiutarlo, sentendomi tremendamente in colpa.
Astensione dal giudizio è uno dei leit motiv del counseling, la mia professione/passione che tanto amo. Ma quanto è arduo non giudicare a volte. E soprattutto quanto è difficile vedere la trave nel proprio occhio: molto più facile guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro.
Termino con un paio di brevi riflessioni/domande che pongo a me per prima:
- quando impareremo che siamo tutti, ma proprio tutti, esseri umani provenienti da una stessa e unica Matrice, che ci accomuna e ci rende tutti uguali, e non solo a parole?
- Quando impareremo ad avere rispetto di noi stessi, di tutti i nostri simili, di ogni essere vivente e del nostro Pianeta Terra?
- Quando impareremo ad immedesimarci nell’altro, pensando per un attimo, che avremmo potuto essere noi nei suoi panni? O un nostro genitore, fratello, amico, figlio?
Speriamo che se e quando avverrà, non sarà troppo tardi…
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello
e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?
Luca 6,41
(1) Il termine Persona non a caso con la P maiuscola
Non capisco perché uno debba sentirsi in colpa se si vuole bene, si tratta bene, si concede uno sfizio
Quel “miserabile” forse non è stato in grado di chiedere aiuto
Il Regno di Dio è ordine
Ciao Joli,credo tu abbia ragione condivido pienamente ciò che tu hai scritto ..ma credo che in quella situazione poche persone avrebbero potuto fare qualcosa.
Cara Jolanda, pensavo qualcosa di simile oggi quando pregavo in chiesa, a un funerale. “Cosa potrei chiedere a Dio se non l’immensa grazia per tutta l’umanità di imparare a vivere in armonia e ciascuno nel rispetto di se stessi e dell’altro?”. Eppure mentre mi sembrava che non ci fosse nulla di più desiderabile della tolleranza e dell’accettazione sapevo perfettamente di non riuscire a perdonare e riabilitate una precisa persona che detesto. Sono incongruenze e incoerenze profondamente umane, mi dirai, così come umanissime nella loro limitatezza sono la reazione irosa di quell’uomo oggi sotto i tuoi occhi per strada, l’indifferenza impietosa della gente, il tuo senso di colpa. Forse, mi dico, il rispetto di sé sta anche nell’accettare queste nostre imperfezioni e nell’accettarci in generale un po’ di più senza condannarci… e la difficoltà sta nel non assolverci però, nello spingerci sempre un passo avanti per migliorarci, e tendere l’orecchio e la mano verso chi ha bisogno. Come dici tu senza giudicare.
Come è difficile, ma come è anche bello riproporsi di farlo. Forse è il nostro senso e il nostro impegno nella vita.
Grazie Paola per il tuo commento. Come counselor e come Persona anche io lavoro in maniera approfondita sull’accettazione del diverso e dell’imperfezione umana, per cui concordo pienamente con quanto espresso nelle tue preziose considerazioni. Mi hanno colpito molto le ultime righe:
“…la difficoltà sta nel non assolverci però, nello spingerci sempre un passo avanti per migliorarci, e tendere l’orecchio e la mano verso chi ha bisogno. Come dici tu senza giudicare.
Come è difficile, ma come è anche bello riproporsi di farlo. Forse è il nostro senso e il nostro impegno nella vita.”
Questo è proprio il senso che avrei voluto dare al mio breve elaborato e ti ringrazio per averlo completato secondo il mio sentire più profondo.
San Francesco considerò il giorno in cui riusci ad abbracciare e baciare un lebbroso, come il più bello della sua vita, perché quel giorno realizzò che quello era il modo che Dio aveva scelto per incontrarlo. Ma non fu facile nemmeno per lui, tant’è che aveva cominciato a mandare qualcuno al suo posto a fare l’elemosina ai poveri, tanto era “schifato” dal contatto con certe persone. Ci volle uno sforzo notevole e tanta preghiera e infine Francesco poté abbracciare qualsiasi miseria umana diventando Santo!
Posto che le cattive maniere sono sempre e comunque deprecabili, e che nessuno dovrebbe maltrattare il prossimo, non sarei così drastica nell’attribuire colpe a persone come te, che sono “restie” ad avvicinare una persona come quella che hai incontrato. Non perchè è giusto che succeda, ma perchè siamo esseri umani, pesantemente condizionati e incrostati dalla realtà in cui viviamo! Non so cosa avrei fatto vedendo insultare quell’uomo, forse in un moto di rabbia verso l’aggressore avrei detto qualcosa? Di certo non sarei riuscita a prendere quell’uomo, farlo sedere al mio tavolo e offrirgli da bere. E non voglio nemmeno giustificarmi col pensiero che magari era un drogato maniaco pericoloso. Voglio pensare che fosse un’innocua e sfortunata Creatura. Credo che avrei cercato di andarmene al più presto, forse, nei panni del barista, l’avrei invitato ad uscire dandogli qualcosa da mangiare. Anche a lui la vita impone di conservare il suo posto di lavoro. Non sentirti in colpa anima bella, puoi essere triste perchè la società permette che esistano certe situazioni (senza entrare nel merito) e perchè tanta gente sarà rimasta completamente indifferente all’accaduto, ma il senso di colpa non serve. Tutti invece dovremmo riflettere… pregare per diventare capaci di accettare il nostro prossimo, che ci viene incontro sotto qualsiasi spoglia, come se fosse Gesù.
Quando ci si trova davanti a queste situazioni ci si sente impotenti. Da un lato c’è il desiderio di aiutare….dall’altra il bisogno di distogliere lo sguardo x non farsi coinvolgere emotivamente lasciando ad altri la responsabilità. Non è facile capire la cosa giusta da fare. Come esseri umani siamo tendenzialmente egoisti, egocentrici, pronti a puntare il dito, ma a volte troppo pronti a puntarlo contro se stessi….forse l’insegnamento da cogliere dall’esperienza è quello che ha fatto emergere dentro di noi …x il resto il bene e il male continueranno ad essere parte integrante della nostra vita..Cat.
Cara Jolanda, il tuo racconto mi ha profondamente toccata…potevo esserci io seduta al tuo posto e probabilmente avrei fatto esattamente la stessa cosa…
Ti sei accorta di quella Persona, hai provato delle emozioni verso di Lui, hai sentito parte del Suo disagio e della Sua umiliazione ..questo è il “dono” o “la dannazione” delle persone sensibili sprovviste di quello strato impermeabile che ti avrebbe permesso di ignorarlo e di goderti la tua bella colazione.
Non credo sia facile capire tempestivamente quale sia la cosa giusta da fare in situazioni così difficili e così delicate, a volte nell’indecisione si resta fermi, pietrificati e poi..in colpa per non aver fatto nulla.
Come Paola penso sia importante accettarsi con i propri limiti, assolverci e provare a migliorarsi ogni volta.
Grazie Elena per il tuo contributo. Sapere di non essere soli e soprattutto di essere pienamente compresi è un grande dono. Hai ragione quando parli di sensibilità e io aggiungerei empatia e capacità (anche se a volte solo parziale) di vestire i panni degli altri. Credo che tutte queste caratteristiche ci aiutino a divenire per quanto possibile Persone migliori, nonostante la nostra grande imperfezione.
Grazie Joli, per aver condiviso questa tua umana “raccapricciante emozione” che mi ha portato a riflettere e a pormi le domande che hai posto a te stessa. Mi piace pensare che se dovesse capitarmi la stessa situazione sarò un pò più preparata ad affrontarla e magari ad avere un pò più di coraggio per fare qualcosa.
Grazie a tutte indistintamente per i vostri interessanti spunti di riflessione.
Visto il numero dei commenti, mi sono resa conto di quanto il tema sia delicato, così come ha giustamente espresso la mia collaboratrice Federica.
Spero di ritrovarvi egualmente numerose al prossimo post, così come auspico di trovare un argomento altrettanto accattivante.
A presto!
Il mondo delle persone mette sempre più a nudo le nostre paure, rendendoci impotenti e spesso indifferenti davanti a situazioni così drammatiche e tristi.
Sono sicuro che in quella circostanza avremmo agito tutti allo stesso modo, perché è mancata la spinta iniziale di un qualcuno che fosse intervenuto in aiuto della persona in difficoltà, dando cosi una smossa anche alle coscienze dei presenti.
Ma come vedi, il tuo lato sensibile però non è stato così indifferente se in questo momento ti sei messa in discussione, proprio perché il tuo lato buono in fondo ha prevalso su tutto anche se non sei riuscita materialmente nel tuo intento.
Le nostre paure e le nostre incertezze di oggi fanno si che tutto quello di più semplice che c’è diventa invece molto, ma molto difficile e complicato.
Il lato positivo di tutto questo però, a mio avviso, è che ci permettono di discutere, analizzare e allo stesso tempo di riflettere, affinché la prossima volta si possa avere più coraggio e più fiducia in noi stessi per allungare serenamente la nostra mano.